The Meraviglia
SensiUna ricetta Marìencò per The Meraviglia

Una ricetta Marìencò per The Meraviglia

Una ricetta Marìencò per The Meraviglia

Un segreto milanese

In via Ampola, c’è una piccola porta, sormontata da un semicerchio in ferro battuto circondato di fiori, una buca delle lettere, una serratura, un citofono. Suoniamo.

Varcata la soglia, un mondo di sogni diventa realtà, entriamo in uno spazio vero, fatto di intimità e calore familiare. Ci accoglie Giulia, Giuseppe è già al lavoro. Sta preparando una ricetta per The Meraviglia. 

Lo spazio è un labirinto di stanze magicamente arredate e dai soffitti altissimi. Ogni dettaglio è curato e raffinato nella sua semplicità. 

C’è una cabina armadio ricca di porta abiti bianchi, ognuno con una targhetta scritta a mano a identificare ogni tovaglia, come fosse una collezione sartoriale. 

Ci sono diverse sale con tavolate lunghe e sedute accoglienti, scaffalature che esibiscono ordinatamente le collezioni per la tavola; una stanza raccoglie decine e decine di cestini di vimini di ogni forma. 

C’è un cortile interno, dove batte sempre il sole, e dove crescono fragoline di bosco ed erbe aromatiche. 

E’ il laboratorio segreto di Marìencò, luogo per eventi privato e spazio creativo esclusivo, dove Giulia e Giuseppe, figli dei founder Marinella e Lele hanno scelto di incontrarci per un’intervista a tutto tondo sul loro lavoro.

La realtà di Marìencò

Ciao Giulia e Giuseppe, intanto grazie per averci accolto in questo luogo delle meraviglie. Andiamo alle origini di Marìencò…raccontateci come nasce e qual è la vostra storia.

 

Giulia: Mamma Marinella ha iniziato la sua attività di cucina prendendo in gestione una trattoria di cucina ligure.

 

A Milano?

 

Si, sempre a Milano, si chiamava “Al Genovese” ed era un locale storico, famoso a Milano per la sua cucina genuina, che potremmo definire “di casa”. Successivamente, la trattoria si trasforma in un progetto di alta ristorazione, riconosciuto nel mondo gastronomico per la qualità dei suoi piatti e per il modo unico di prepararli, ottenendo una stella Michelin. 

 

Un traguardo meritatissimo! E come è evoluto il progetto?

 

Giulia: Oggi, la nostra ospitalità comprende cucina, scenografia della tavola, progettazione/costruzione dell’evento, i fiori…all’interno del nostro luogo o altrove. 

Dopo il ristorante questa nuova attività è nata in modo spontaneo, proprio dai clienti stessi.  Capitava che alcuni clienti dicessero: “Guardi si sposa mia figlia ea mi piacerebbe avere i vostri piatti”, piuttosto che “Voglio fare un battesimo con un vostro rinfresco…” e quindi già all’epoca ci eravamo cimentati in questo tipo di offerta. 

 

Quando poi si è deciso di chiudere il ristorante abbiamo incentrato tutta l’attività su questa idea, inizialmente prendendo un piccolo laboratorio in San Gottardo, e poi questo edificio in Via Ampola nel 2007, a due passi da Fondazione Prada, nata soprattutto come esigenza di spazio, perchè come avrai visto passeggiando per le stanze, siamo ricchi di collezioni, piatti, vasi, quindi ci piaceva avere un luogo per la produzione e l’accoglienza dei clienti.

 

A livello architettonico avete dovuto ristrutturare e cambiare l’aspetto di questo spazio?

La cosa divertente è che non ci sono stati interventi di architetti per farlo diventare uno spazio eventi, ma anzi l’abbiamo mantenuto com’era, anche perchè avevamo iniziato a mostrarlo ai clienti, e piaceva proprio questo aspetto “non finito”, di grande fascino. 

 

Come avete ricercato gli oggetti d’arredo?

Abbiamo iniziato con fiere europee d’arredo, come Maison & Objet a Parigi, poi era interessata anche a mercatini dell’usato, vintage shop di nicchia. Oltre a questo, abbiamo molti amici di famiglia che sono architetti o che hanno studi di design e mobili, con pezzi speciali (Rina Menardi per citarne qualcuno). Le persone in questo modo aiutano ad alimentare un’idea, a farla più tua.

 

Interessante questa idea dell’arredo che si crea spontaneamente, grazie a pezzi speciali condivisi con amicizie. In questo senso lo spazio è anche espositivo. Lavorate spesso su Milano o vi spostate anche in altre città?

Allora…il cliente può scegliere se organizzare il suo evento fuori, anche fuori città, o qui da noi in sede. Devo dire che ci è capitato solo qualche volta. Sentiamo però più nostra e maggiormente la città di Milano, anche grazie al portafoglio clienti che abbiamo.

 

Parliamo ora di cucina con Giuseppe, chiedo a te che sei il giovane chef di famiglia su cui si regge un impero gastronomico fatto di ingredienti ricercati e ricette gustose. Come organizzate la vostra offerta? Organizzate table setting e mise en place e poi pensate al menù o viceversa? Cosa puoi raccontarci?

 

Giuseppe: Sono autodidatta, ma il miglior modo per imparare è vedere qualcuno all’opera e osservare ogni dettaglio. 

I piatti che preparo io oggi, in un certo senso, assomigliano a quelli che vedevo fare da Mamma al ristorante, e sono una persona che osservo molto. Magari le tecniche di preparazione che utilizzo io sono tecniche più moderne, che comunque ho studiato molto, ma le ricette sono le stesse. Per quanto riguarda il Table Setting non sono solo io a concepire l’idea, ma c’è un dialogo continuo. Lo stile che adottiamo non è elegante nel senso di “pomposo” alla vecchia maniera, ma guarda alla modernità e alla semplicità. Abbiamo un nostro modo di vedere la tavola.

 

Giulia: E’ vero che facciamo un lavoro su misura, ma comunque la nostra offerta è filtrata dal nostro occhio estetico, anche se in generale cerchiamo di andare incontro al cliente per ogni sua esigenza e lo rendiamo partecipe. Non è un’imposizione del nostro gusto, ma abbiamo uno stile che ci viene riconosciuto, che è poi anche la nostra forza.

 

Se doveste definirlo?

Giuseppe: Allora è difficile dirne uno…perchè è lo stile Marìencò: non è nordico, ma non è nemmeno francese e nemmeno classico. E’ moderno.

Giulia: è un semplice decoroso e senza fronzoli.

Giuseppe: penso che ci sia una capacità di creare in generale, un lavoro artigianale, io parto da un piatto e poi costruiamo tutto il contorno.

 

Una capacità che deriva anche dall’esperienza sul campo…

Giulia: Sì, e soprattutto vorrei rimarcare tantissimo, anche in base alla scelta degli arredi, che noi non abbiamo un guru, un architetto o un interior designer, così come non abbiamo altro maestro se non nostra Mamma: è tutto molto spontaneo e naturale, costruito nel tempo, si è evoluto, e penso che questa idea sia proprio nata da un senso estetico generale, che si può applicare ugualmente per la scelta di una poltrona come di un piatto di cucina.

 

Certo. Tu ti occupi della comunicazione?

Giulia: Sì e mi occupo anche del lato commerciale e curo il rapporto con il cliente, dallo sviluppo fino all’ organizzazione dell’evento e oltre. Siamo un team molto collaborativo.

 

Tu, invece, Giuseppe sei chef. 

Sì in totale siamo una squadra di 3/4 e poi, se c’è tantissimo lavoro, diventiamo anche una decina in cucina.

 

Veniamo alla ricetta che hai preparato per noi: un piatto che hai scelto di chiamare Zucca, Magnolia e Aragosta. Palette colori con The Meraviglia azzeccata! Da cosa ti sei lasciato ispirare?

Giuseppe: a furia di lavorare si creano delle connessioni. Per esempio, tutti sanno che il basilico sta bene con il pomodoro, così io so che i crostacei stanno bene con i fiori e con le rose. Le rose non c’erano a marzo, quando inizio a cercare e raccogliere i petali dei fiori per metterli in salamoia, quindi ho scelto un’altra specie.

 

Poco prima della primavera sbocciano le magnolie, che hanno un gusto che ricorda a metà la rosa e lo zenzero (quando è messa in salamoia) e quindi per The Meraviglia ho scelto di usare la magnolia, perché il concetto del mio piatto partiva dall’idea di usare dei fiori in conserva. 

 

I petali di magnolia che ho messo in salamoia li ho poi adagiati sull’aragosta come fosse zenzero, di cui prendono il sapore, e sono serviti a dare quella nota di piccantezza e sapidità in più al piatto.

 

Da quel momento ho poi pensato alla palette colori e ho aggiunto gli elementi di contorno in sintonia con il crostaceo, come il brodo di Dashi, creato prendendo le alghe, messe in acqua fredda una notte, disidratate due giorni. Una volta eliminata tutta l’acqua, quello che rimane è l’essenza dell’alga. Questo sale di alga viene utilizzato all’interno di un burro maneggiato, ottimo per addensare le salse, insieme a tanti altri ingredienti nascosti che utilizziamo come il pane di miso… questi ingredienti a mio modo di vedere stanno molto bene con la magnolia, così come il rabarbaro. Con questo ingrediente ho creato un velo di rabarbaro fermentato su cui adagiare l’aragosta nel piatto. Il tutto rifinito con gocce di olio di zucca. Ed eccoci qua con Zucca, Magnolia e Aragosta. E’ un piatto a cui stavo lavorando da un pò.

 

Un risultato davvero unico, il piatto è invitante, colorato e primaverile. A cui poi va aggiunta la scelta della ceramica giusta. Quanto è importante l’impiattamento e la mise en place?

Giuseppe: E’ una cosa che noi facciamo e proponiamo sempre, abbiamo dei clienti molto attenti. Ci piace condividere, prima dell’evento in sè, le nostre idee e capirne le potenzialità di sviluppo. In base alla stagionalità abbiamo servizi diversi, a seconda del periodo proponiamo piatti diversi, quindi se è Natale tiriamo fuori i servizi con i colori sull’oro o viceversa in primavera scegliamo qualcosa di più colorato. In generale la proposta parte anche del cliente, e c’è stima e riconoscenza per i nostri servizi di attrezzatura, che sono tenuti bene e ordinati. 

La mise en place dà valore aggiunto anche al piatto, arricchisce la composizione di un tutto.

 

Quale progetto vi è rimasto nel cuore?

Giuseppe: Dal punto di vista della cucina, personalmente, ho apprezzato molto il primo matrimonio a cui ho preso parte come chef. Si cucinava per un centinaio di persone in campagna ed era una delle mie prime esperienze. Devo dire che in quel momento ho sentito la responsabilità e il brivido della prima volta. Indimenticabile.

 

Giulia: se devo pensare al risultato raggiunto e alla bellezza dei nostri eventi, quello che ricordo con più soddisfazione è una cena organizzata in collaborazione con due interior designer che hanno creato sedie, tovaglie e tovaglioli, tutti di jeans…ricordo la mia perplessità iniziale e quella della Mamma nel lavorare con questo materiale. Poi però ci abbiamo aggiunto gli argenti del nonno e l’effetto “Meraviglia” è stato immediato.

 

Organizzate anche eventi in giardino?

Giulia: Assolutamente sì, anche se ci piacerebbe dargli un fine diverso, magari creando una zona di fiori liberi ed erbe aromatiche. 

 

Giuseppe: sì perché ci siamo resi conto che il contatto con i fornitori, per avere gli ingredienti più freschi spesso è complicato, ci muoviamo tutti collettivamente e io spingo tantissimo per la ricerca dei fornitori locali, piccoli e autonomi, ma è più difficile gestirli, ci sono alcuni fornitori che noi chiamiamo solo per un prodotto specifico. Quello che vedo, in generale, è che non abbiamo uno standard, ogni volta è una nuova avventura ed è giusto così, altrimenti si semplificherebbe troppo il nostro lavoro. Lavorando con privati, la personalità di ogni evento è diversa e cambia. C’è più fantasia, i clienti poi ci danno molto carta bianca,  ed è questa la cosa bella perchè è un lavoro non condizionato, come può essere invece l’offerta di un ristorante dove più o meno i piatti sono sempre quelli. 

 

L’importante è essere coordinati. Voi andate d’accordo?

Si, rispettiamo molto le opinioni degli uni e degli altri. Ovviamente con qualche sana contraddizione interna, ma anche da questo si cresce e si trovano nuove idee. 

 

Ultima domanda canonica per il nostro magazine: che cos’è per voi la Meraviglia? 

Giuseppe: pensando alla cucina, un piatto che mi meraviglia è sicuramente qualcosa che ha un elemento “diverso” dagli altri, ma che non cerca a tutti i costi di essere diverso per forza. Può essere anche una cosa fatta cento volte in cucina, ma realizzata in una maniera più profonda, non so come dire, non è un effetto wow. Magari è una cosa che fanno anche tante altre persone, ma cambia il modo con cui si fa, per esempio il modo in cui si taglia la verdura cambia da persona a persona, e quindi un aspetto che può sembrare banale, invece poi è significativo. 

 

Un dettaglio quindi…

Giuseppe: Sì, e per me è frutto di talento e conoscenza. Non penso venga fuori dal nulla, da un guizzo di genialità e basta. La meraviglia è qualcosa che si costruisce, non è i fuochi d’artificio.

 

Per te Giulia?

Giulia: quando realizziamo progetti e ci dedichiamo per mesi ad un evento non sai mai come verrà il tutto alla fine. E per me la Meraviglia è la dedizione e quella sensazione finale di quando ammiri il risultato del tuo lavoro. Quello mi dà una soddisfazione immensa e mi fa dire: “l’abbiamo pensata bene”.

 

La vostra realtà è molto di nicchia ed esclusiva ma non è fredda, è reale.

Giulia: E ci piace che sia così, rende tutto molto più interessante, molti clienti ad esempio ci dicono che non si aspettavano che lo spazio fosse così grande, ma è giusto così, non si può svelare tutto. 

 

Giuseppe: qui si creano relazioni vere, il fatto che questo posto è privato, è nostro, significa che qualcuno per entrare deve svelarsi, mostrarsi, e deve essere anche in sintonia con il nostro modo di assorbire le idee. Da un lato vuoi che il progetto Marìencò sia chiaro, coerente, ma questa chiarezza spesso non fa altro che appiattire le cose. 

 

Giulia: Per noi vale molto la rappresentanza dei clienti e il passaparola.

 

Grazie ragazzi, sono stata benissimo qui, nel vostro giardino di fragole a chiacchierare del vostro lavoro unico, che crea bellezza e coinvolge tutti i sensi. La ricetta pensata per The Meraviglia è un signature dish che porteremo anche nel nostro portfolio clienti, onorando il passaparola come primo passo per future collaborazioni! A presto. 

Alessandra Busacca