The Meraviglia
MaterieCollage e decostruzione: la moda di Lessico Familiare

Collage e decostruzione: la moda di Lessico Familiare

Collage e decostruzione: la moda di Lessico Familiare

In una settimana intensa e frenetica come quella della Design Week di Milano, The Meraviglia, agenzia di comunicazione ed organizzatrice di eventi ed experience di lusso, ha scelto di incontrare tre amici e fashion designer, laureati alla NABA di Milano, che, spinti dalla noia e dall’allegria del lockdown surreale del 2020, hanno creato qualcosa di particolarmente unico e curioso.

Riccardo Scaburri, Alberto Petillo e Alice Curti, i creativi di @____lessicofamiliare, ci hanno così invitato nel loro archivio, situato nel brulicante quartiere di Isola, per raccontarci personalmente il loro lessico e le loro collezioni. 


Lessico familiare è un progetto di abbigliamento rigorosamente domestico, il cui nome rende omaggio al libro “Lessico Famigliare” (Einaudi (1963) di Natalia Ginzburg, intelligente e amata scrittrice, nonchè politica italiana, cardine della letteratura del primo Novecento.

Conversazione con i designers

Ci troviamo davanti a una finestra di un primo piano, sulle persiane bianche socchiuse si intravede un asterisco rosso con la scritta *CASA LESSICO. E’ l’archivio di Lessico Familiare.

Entriamo in una stanza ricca di abiti e colori, genuina: in soli pochi metri quadri, però, ci troviamo davanti a un immaginario sconfinato e unico. Gli abiti sono patchworks di tessuti, smontati e riassemblati, ingranditi e reinventati in forme nuove, grazie a materiali reperiti letteralmente in casa: dalle tende, ai corredi delle nonne, felicissime di svuotare le loro cantine, dalle tovaglie di campagna ai colletti ricamati di qualche camicia ingiallita dal tempo, fino alle trapunte con gli angioletti della Eminflex.

Riccardo: Tanti dei capi non ci sono più, perchè li abbiamo venduti, e i nostri sono pezzi unici. Fosse per me terrei tutto, farei solo “Archivio Lessico”, poi però in qualche modo il progetto deve andare avanti.

Questi capi li abbiamo presentati a febbraio,- aggiunge Alberto mostrandoci degli abiti morbidi, di diversi tessuti tradotti e cuciti insieme in stile “lessico” – e li abbiamo esposti alla mostra dal nome “Cocktails” presso la Fondazione Sozzani, lasciandoli convivere con le opere di altri nostri amici e colleghi artisti. Abbiamo quindi declinato il nostro lessico familiare in diversi appuntamenti scanditi settimanalmente; “Lessico Immaginario” dove gli abiti addirittura non erano presenti, “Lessico Materico” dove spiccavano le ceramiche di un nostro amico fatte a mano e realizzate ad hoc su ispirazione dei nostri abiti, “Lessico Musicale”, che ha ospitato un’esibizione al piano, “Lessico Nascosto” con la partecipazione della modella anni ‘70 Benedetta Barzini, che ci ha prestato le sue coperte sotto cui nascondere le nostre collezioni in una sorta di performance visiva. 

Alla base di queste collaborazioni c’era l’idea che i protagonisti non dovessero mai essere le nostre collezioni, ma abbiamo sempre cercato di dare più spazio alle persone che ospitavamo.

Riccardo: Questo concetto di “collaborazione” funziona molto bene con il nostro mondo. Non si tratta di abbigliamento tout court. Si tratta anche di costume, in generale, e quindi abbiamo pensato che fosse meglio che i nostri abiti dialogassero anche con altre materie e prendessero di volta in volta nuova vita. Come diceva Alberto abbiamo iniziato con i vasi, ispirati alla nostra collezione naturalmente, ma dove i tagli classici del designer entravano in relazione con le pitturazioni artigianali ad hoc

The Meraviglia: E’ molto interessante il modo in cui create i vostri abiti perché ha a che fare con qualcosa di molto intimo, che richiama perfettamente il nome che avete scelto per il vostro brand: lessico familiare. 

Riccardo: E la cosa bella è che di volta in volta il lessico possiamo declinarlo a seconda delle nostre ispirazioni estemporanee. I modelli che indossano le nostre creazioni, ad eccezione di Benedetta Barzini, sono tutti non professionisti, sono nostri amici e ci piacerebbe l’idea che indossassero sempre loro le nostre collezioni. Un modo per “invecchiare insieme agli abiti”.

 

The Meraviglia: un’idea disruptive, che richiama anche al ritmo della natura e al ciclo di vita di un capo. 

 

Ma come siete arrivati alla mostra? In particolare siete stati notati da Vogue Talents e poi dalla fondazione Sozzani giusto?

Riccardo: esatto. Il progetto principalmente è partito da me e Alberto, che siamo anche coinquilini, e poi si è aggiunta Alice, che abbiamo conosciuto sempre in NABA. La collaborazione con la fondazione Sozzani è nata, invece, da un’idea di Sara Maino e Carla Sozzani  in persona, sorella della ex Editor in Chief di Vogue Italia, Franca Sozzani, che ci ha consegnato alcuni abiti di Franca perché voleva che in qualche modo gli ridessimo vita.

The Meraviglia: qual è stata, se c’è stata, la difficoltà maggiore riscontrata lavorando con gli outfit di Franca?Una donna elegante, estremamente legata allo stile milanese e, soprattutto, molto Prada.

Riccardo: in realtà i capi su cui siamo intervenuti non erano brandizzati, ma la difficoltà maggiore penso che sia stata la taglia, perchè noi lavoriamo sui volumi, sulle grandi quantità, sui pezzi over, perchè vogliamo che siano “one size” e con Franca avevamo dei cappotti davvero minuti e non facili da lavorare.

 

The Meraviglia: assolutamente d’accordo. Si dice che mangiasse solo ciocorì. Ma voi quindi vi sentite più artisti o designer?

Alberto: nè l’uno nè l’altro. Io mi occupo principalmente della produzione, cucio gli abiti, quindi non sono un artista.

Riccardo: no “artisti” no, non nel senso canonico del termine, il nostro è un “meta-lessico”, io lavoro con altri brand come designer quindi per loro c’è tutto un altro percorso di progettazione e creazione: produco carta modelli, cartelle tessuti, aperture stampe e tagli, mentre quello di lessico familiare è un progetto a metà tra design, costume, styling e anche collage. Io mi definerei più “collage artist”.

Mentre, per quanto riguarda il nostro progetto è impossibile per esempio pensare a un bozzetto iniziale, perché il capo per noi nasce dalla materia stessa. Parti con un tema ma finchè non vedi la materia non sai mai quale sarà la soluzione finale. 

 

The Meraviglia: è un lavoro di fatto molto sartoriale, no?

Alberto: sì, anche se direi più artigianale perché non c’è un preciso studio della forma, a volte ci inventiamo dei passaggi non canonici. E’ proprio quello che funziona.

Riccardo: le references sono chiare ci sono dei rimandi a Maison Margiela, per esempio le camicie una davanti all’altra, o il pois, dichiaratamente Comme Des Garçons, poi però il risultato finale è qualcosa di diverso, che non assomiglia a niente.

The Meraviglia: come l’haute couture, parte da un nodo principale per poi ricongiungersi ad una matassa a volte completamente diversa, senza un filo sempre logico.

Riccardo: sì e soprattutto sono capi senza stagione, senza taglia e senza target. Quando gli uffici stampa ci chiedono su chi ci immaginiamo i nostri capi io personalmente non li vedo su nessuno. Non ho in mente nessun talent che vorrei per le mie collezioni. L’unica forse che mi viene in mente è Valeria Bruni Tedeschi. Solo lei. Poi abbiamo Benedetta Barzini, Carla Sozzani. E direi che non è necessario aggiungere altro..

The Meraviglia: un ulteriore aspetto del vostro lavoro, testimoniato dal metodo di produzione “casalingo” e dai materiali che utilizzate, è anche la sostenibilità.

Riccardo: ci piace il concetto che le persone possano chiederci di comporre qualcosa su misura, portandoci tessuti personalmente, che magari non usano più, o capi vintage che vorrebbero riadattare. Tanto se poi il risultato non piace, alla peggio la persona si sarà sbarazzata di un capo che non voleva più. E’ un servizio difficile da comunicare, ma che ci piace molto perché ci permette di sperimentare e di essere, a nostro modo, sostenibili.

 

The Meraviglia: questo è un servizio geniale. Le coperte, le trapunte, i corredi possono essere dei materiali perfetti per essere reinterpretati da voi. Gli date nuova vita e questo è upcycling sartoriale!

Riccardo: assolutamente sì, la linea bridal è fatta quasi interamente con i corredi.

Alberto: e i prezzi sono assolutamente accessibili, perchè vorremmo che persone come noi possano acquistarli e quindi indossarli. Vogliamo che sia un servizio “di famiglia”, che trasmetta la calma e la cura che sta dietro a un lavoro artigianale. Anche Alessandro Michele era d’accordo con noi.

 

The Meraviglia: Alessandro Michele, l’ex direttore creativo di Gucci?

Riccardo: sì a giugno, quando Michele era ancora alla direzione creativa di Gucci, siamo arrivati terzi a “who’s on next” e Alessandro condivideva la nostra visione, tanto da scegliere per sé questo maglione con le rose che vedi nel catalogo.

Alberto: il nostro stile è tutto senza forma, senza corpo, senza logo.

 

The Meraviglia: che cosa ci dite dei riferimenti, a fattoria, campagna e animali che vediamo nelle illustrazioni in questa stanza e anche sui vostri social networks?

Riccardo: qui posso risponderti serenamente che non c’è alcun disegno dietro. Li abbiamo scelti semplicemente perchè ci piacevano. Richiama in qualche modo quel mondo casalingo e quotidiano, perché tutti noi siamo cresciuti in campagna, quindi rimaniamo sempre stupiti quando, parlando con qualche amico di città, ci risponde che non ha mai toccato una capra o visto una gallina scorrazzare libera in giardino. 

Per noi questi non sono animali immaginari, che abbiamo visto solo in fotografia. Per noi hanno un significato e sono reali.

 

The Meraviglia: siamo giunti alla domanda di rito. Che cos’è per voi la meraviglia?

Riccardo: il burro. Mi piace tutto di questo alimento: il suo colore, la sua consistenza, la sua naturalezza. I tessuti che amo di più sono quelli color burro. 

Alice: quando penso alla meraviglia penso ad alcuni momenti davvero speciali trascorsi in compagnia del mio cane.

Alberto: pane burro e alici. Mi fa sempre sentire a casa. 

 

The Meraviglia: interessante questa associazione con il burro perchè è anche questo un simbolo, un elemento che rimanda ad un lessico familiare ed è qualcosa di estremamente sinestetico, coinvolge più sensi. Il gusto, il tatto,  la vista, l’olfatto.

In attesa della prossima sfilata Spring Summer 2024 di Lessico Familiare alla Men’s Fashion Week di giugno, ci lasciamo alle spalle la stanza e salutiamo Riccardo, Alice e Alberto. Ci hanno fatto sognare e immaginare un diverso modo di pensare la moda, più spontaneo e calmo: un lessico familiare intimo e quotidiano, che ha infinite forme e molto contenuto. Grazie e in bocca al lupo!

Alessandra Busacca